Nella puntata precedente abbiamo visto la complessità della storia TARSU-TIA/1-TIA/2-TARES. Al di là della curiosità su come si è sviluppata tutta la faccenda, resta però un fatto: la tassa su raccolta/smaltimento rifiuti è aumentata e credo che nessuno ci possa trovare qualcosa di positivo.
Perché nel titolo di questi post chiedo, provocatoriamente, se ci sono solo svantaggi?
Non c’è nessun dubbio che, nel passato, i costi relativi a rifiuti, illuminazione pubblica, polizia locale, manutenzione strade, eccetera, sono sempre stati pagati. Attraverso le tasse locali (TARSU, ICI, altri tributi locali) e i trasferimenti dallo Stato (IRPEF e addizionali varie). Ma quasi tutto andava in un calderone unico e da lì si attingeva per coprire i costi, spesso (o quasi sempre) senza fare una dettagliata analisi di questi costi.
Oggi il meccanismo incomincia a cambiare.
C’è l’IMU (lasciamo stare le diatribe sulla paternità della tassa, se sia alta o bassa, se su prima casa o no), che è un’entrata del comune e, a quanto pare, diventerà sempre più un’entrata esclusiva del comune.
C’è ora la TARES, già definita come entrata esclusiva del comune.
Quindi i comuni incominciano a sapere che avranno a disposizione determinate entrate e che lo Stato ridurrà sempre di più i trasferimenti a loro favore.
Limitandoci alla TARES, i comuni sanno che incasseranno 100 e dovranno fare in modo di non spendere più di 100.
Quota fissa e quota variabile saranno destinate esclusivamente al settore rifiuti, la maggiorazione sarà destinata esclusivamente ai servizi indivisibili. E allora diventa importantissima ogni iniziativa o idea finalizzata alla riduzione dei costi, perché questo si tradurrà in una riduzione della tassazione.
- Se, per pura ipotesi, un comune dovesse trovare un “altro CLIR” che, a parità di servizio, chiede un minor esborso di quota fissa, questo minor esborso si rifletterebbe immediatamente in una diminuzione della quota fissa pagata da ogni contribuente.
- Se quel comune mettesse in pista iniziative volte a diminuire la quantità totale di rifiuti prodotti, e ad aumentare quella dei rifiuti differenziati e riciclabili, anche la quota variabile verrebbe ridotta di conseguenza.
- Se sempre quel comune applicasse la maggiorazione minima prevista (0,30/mq) e scoprisse di coprire ampiamente i costi dei servizi indivisibili e che anzi gli avanza qualcosa, non potrebbe diminuire la maggiorazione, fissata dalla legge, ma potrebbe investire nel miglioramento dei servizi.
Ipotesi 1.
Il CLIR ha l’incenerimento dei rifiuti come scopo aziendale. Finalizzato alla produzione di energia elettrica. Quanti più rifiuti brucia, tanta più energia produce. Probabilmente, non ha lo stesso interesse che abbiamo noi nel ridurre la quantità di rifiuti. Chi era presente l’altra sera, avrà notato che i relatori del CLIR hanno posto l’attenzione sulla corretta differenziazione del rifiuto “verde” (erbe & co.), evitando di inserire nei relativi cassonetti sacchetti di plastica o altri rifiuti, perché ciò comporta la necessità di riportare indietro il carico e incenerirlo. Allo stesso modo è stata posta l’attenzione sul compostaggio domestico, offrendo gratuitamente l’apposito bidone. Non c’è stata la stessa attenzione sugli altri rifiuti differenziabili, quali carta plastica o vetro. A domanda, è stato risposto che per loro non crea problemi trovare carta o plastica nell’indifferenziata: tutto viene bruciato. Invece, i rifiuti con un certo tasso di umidità probabilmente sono meno confacenti all’inceneritore, quindi è meglio se quella frazione viene ridotta al minimo possibile.
Il nostro vantaggio è al contrario quello di aumentare la quota di rifiuto riciclabile e diminuire quello da incenerire.
Fra noi e il CLIR c’è quindi un conflitto di interessi.
Carta, cartone, vetro, plastica, alluminio possono essere “venduti” alle aziende che riciclano quei materiali, generando un guadagno che compensa, parzialmente, i costi. Se, in pura ipotesi, noi potessimo guadagnare dalla vendita della differenziata un importo pari al costo di smaltimento (incenerimento) del rifiuto indifferenziabile, raggiungeremmo il costo zero per la quota variabile della TARES. Credo che sia impossibile raggiungere un risultato del genere, ma è certo che quanto migliore ed elevata è la nostra parte di rifiuto riciclabile, tanto più si riducono i costi dello smaltimento.
Ipotesi 2.
Quali iniziative possono essere utili per ridurre i rifiuti e migliorare la raccolta differenziata? Ne butto giù tre, senza avere la pretesa che siano valide e realizzabili. Alcune comportano investimenti, altre sono a costo zero. Bisogna studiarle, valutarne i pro e i contro e poi adottare le più adeguate. E continuare a cercare soluzioni.
Di almeno una abbiamo parlato nel passato: la “casetta dell’acqua”. Permette di ridurre, anche in modo notevole, la produzione di bottiglie di plastica vuote. Non c’è riciclaggio, ma solo riduzione. Minor quantità, ma anche minor volume, quindi minor frequenza di svuotamento.
Chi è passato nell’ultimo anno da Casale, proprio all’ingresso di piazza Castello, forse ha notato degli “armadi”, tipo distributori di bibite. Non distribuiscono, ma raccolgono vetro, plastica e lattine vuote. Le selezionano, rifiutando quelle non corrette, le compattano, riducendone il volume, e le immagazzinano, preparandole per la raccolta. Il compattamento, meccanico, permette una bassa frequenza di svuotamento. Inoltre, rilasciano “punti” per ogni rifiuto riciclabile depositato e questi punti permettono di avere sconti nei supermarket.
Una diffusa informazione sulle modalità di differenziazione, con volantini o adesivi sui cassonetti, fornisce certamente un aiuto ai cittadini per migliorare e stimolare la raccolta differenziata. Se questa attività di informazione e formazione viene fatta nelle scuole e impostata come gioco, i bambini imparano, ne fanno un’abitudine e poi “condizionano” anche gli adulti.
Ipotesi 3.
In questo settore temo che i possibili risparmi siano legati a preventivi investimenti, a volte anche onerosi. E se non c’è la possibilità di investire, diventa più difficile ottenere una riduzione di costi. Ma, nel recente passato (e credo ancora oggi) c’era la possibilità di cedere in uso i tetti degli edifici comunali ad aziende attive nel settore fotovoltaico. Queste ultime installavano i pannelli fotovoltaici e godevano degli incentivi statali. L’amministrazione pubblica godeva del minor costo dell’energia elettrica. Se fosse possibile farlo ancora oggi, si potrebbero forse creare dei surplus, con i quali ipotizzare ulteriori investimenti, finalizzati alla riduzione dei costi dei servizi e al loro miglioramento.
Sono tutte ipotesi, forse neanche realizzabili. Ma pensarci e valutarle, fortunatamente, non costa.
Per quanto riguarda l'Ipotesi 2,segnalo che sul mercato cominciano ad arrivare delle macchine per il trattamento dei rifiuti organici (già usati su larga scala in Asia, e da qualche anno in Svizzera ed in Francia), che permettono di trattare TUTTA LA PRODUZIONE DI SCARTI ALIMENTARI, direttamente presso il "produttore" (ristoranti, centri cottura, grande distribuzione...). Necessitano solo di una presa per la corrente elettrica e di una canalizzazione per il rigetto d'acqua. Gli scarti vengono ridotti dell'80%, producendo una polvere secca, assettica e che costituisce un eccellente fertilizzante ! L'80% parte in acqua... Quale riduzione della Tares si può aspettare usando queste macchine ?
RispondiEliminaPurtroppo non sono in grado di risponderti. Sembra però qualcosa che deve essere impiantato dai privati e quindi se ne potrebbe avre un vantaggio qualora la tassa venisse calcolata sul "peso" di rifiuti prodotti: meno peso, meno tassa.
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