lunedì 29 luglio 2013

E' estate!!!

Sembra che le estati di Candia stiano prendendo l’abitudine ad essere “calde”: l’anno scorso ci si è scaldati per l’Asilo; quest’anno ci si scalda per l’Oratorio. C’è solo da sperare che l’abitudine non diventi un vizio.
Leggere da lontano tutto ciò che è stato scritto sul Centro Estivo è molto strano: veramente lontano e soprattutto incomprensibile.
Da un commento critico su una attività (della quale nessuno nega l’utilità) si è passati alle critiche sui metodi educativi passati e presenti, alle teorie e pratiche psico-socio-educative con connessioni alimentari-ortopediche, alla onnipresente crisi della giustizia, con minacce di querela (anche questa sembra un’abitudine).
Personalmente, credo che  l’intervento più azzeccato sia stato quello di chi suggeriva un po’ di discrezione, perché “i bambini ci leggono”. Anche se, quasi contemporaneamente e su un’altra pagina FB, la stessa persona sollecitava anche le istituzioni ad entrare nella polemica. Del tipo: no alla violenza, altrimenti vi randello.
E tutto nasce da una critica: giusta? sbagliata? un po’ giusta e un po’ sbagliata? esagerata nei termini utilizzati? Forse non lo sapremo mai. Oramai sarà difficile affrontare il problema con il necessario distacco: tutti sono stati coinvolti personalmente, con tanto di nome e cognome. E la critica ad una attività si è trasformata in batti e ribatti “personali”. Naturalmente in schieramenti contrapposti: innocentisti-colpevolisti. O interisti-milanisti, livornesi-pisani, terroni-polentoni, e così via fino a tornare a Dante e ai guelfi-ghibellini.
A quanto pare è una caratteristica tutta italiana e non soltanto di Candia.
Forse l’ascolto della critica, l’attenzione al contenuto più che alla forma, la sua analisi e discussione, l’individuazione di ciò che poteva essere condivisibile e la motivazione di comportamenti e regole adottate (magari fatta prima e non dopo), avrebbe potuto portare a nuove ipotesi progettuali per il futuro e quindi a un continuo miglioramento.
Nell’ambito di tutta la discussione, mi permetto di dire la mia su alcuni degli argomenti comparsi su facebook. Sono opinioni personalissime, senza alcuna pretesa di essere quelle “giuste”. E’ soltanto un altro punto di vista, da mettere a confronto con gli altri o da aggiungere agli altri, in modo tale da ampliare le possibilità di scelta. Con la speranza e l’augurio che fra tante idee e posizioni ne nasca una nuova, in grado di accogliere le istanze di tutti e di essere, finalmente, condivisa e accettata.
GENITORI. Universalmente riconosciuto come il mestiere più difficile al mondo, per il quale non esiste scuola o diploma universitario, né pratica o stage o apprendistato. Di norma, si impara sulle spalle dei figli. Viene solitamente consigliato di fare pratica sui propri figli e non su quelli altrui. Spesso si basa sul rapporto autorità/fiducia: quanto più i figli riconoscono l’autorità dei genitori e hanno fiducia in loro (meglio se ricambiata), tanto più efficace risulterà l’azione educativa. Quanto più l’autorità dei genitori viene minata da commenti esterni, tanto meno essa risulterà efficace verso i figli. Sarebbe utile la creazione di un “sindacato genitori”, in grado di fare fronte comune almeno sugli aspetti principali dell’attività genitoriale e trasferire alla “controparte” figli un’immagine di compattezza e di comportamento univoco almeno su quegli aspetti principali: mai contraddire un genitore di fronte ai suoi figli; mai denigrarlo; mai metterne in dubbio l’autorità; risolvere eventuali discordanze sui metodi educativi lontano dagli occhi e dalle orecchie della “controparte”. Secondo il vecchio insegnamento: non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te.
EDUCATORI – ANIMATORI. Attività di carattere professionale volta a generare un percorso educativo nel confronto di terzi. Il percorso educativo si realizza anche attraverso attività ludiche o di impiego del tempo libero, che si concretizzano in “animazioni”, ovvero suggerimenti per un proficuo utilizzo del suddetto tempo libero. La qualifica di educatore/animatore si consegue attraverso la frequentazione di appositi corsi scolastici e professionali o anche attraverso lo svolgimento pratico dell’attività, sotto la guida di un educatore/animatore  esperto e qualificato. Gli educatori/animatori, se rivolgono la loro attività verso soggetti di minore età (figli), suggeriscono il percorso educativo e ne concordano la realizzazione con chi ha la responsabilità legale e tutoriale dei suddetti minori (genitori o loro rappresentante). Raggiunto l’accordo sul percorso educativo e sulle modalità di realizzazione, gli educatori/animatori non dovrebbero discostarsene. Agli educatori/animatori dovrebbe comunque essere concessa l’autorità di modificare, in modo non sostanziale, l’attività concordata, al fine di adattarsi ad eventuali situazioni impreviste.
VOLONTARIO. Soggetto che si rende disponibile a svolgere determinate attività definite da altri, assumendo volontariamente (senza esserne in alcun modo obbligato e quasi sempre senza retribuzione)  impegni e regole stabilite da quegli altri e non sempre lui condivise.  Impegni, regole e comportamenti devono essere preventivamente illustrate, in maniera dettagliata, agli aspiranti volontari che, volontariamente, decidono di aderirvi. Alcuni credono che il “volontario”, in quanto tale, possa fare ciò che “vuole”: niente di più errato! Il volontario si “impegna” a fare ciò che gli dicono di fare. Però, tenuto conto che il volontario è sovente “merce rara”, compito degli educatori/animatori dovrebbe essere quello di coinvolgerlo il più possibile, apprezzando la sua attività, evidenziandogli in modo amichevole eventuali errori e spingendolo ad un continuo miglioramento, accettando di valutare insieme a lui eventuali perplessità o suggerimenti che dovesse esprimere. Anche questo rientra nei compiti degli educatori.  
CAMPO DI CONCENTRAMENTO. Luogo tristemente e tragicamente noto, che non necessita di spiegazioni. Come tanti altri termini, entrato purtroppo nell’uso comune per indicare un luogo nel quale obblighi e regole prevalgono su diritti e spontaneità e nel quale si comminano punizioni più o meno pesanti a fronte di trasgressione delle regole. E’ un classico caso di comunicazione per eccesso. Ad esempio, frequente nei figli la definizione di casa come “galera”, in quanto luogo dove vigono soltanto regole e divieti e si impartiscono punizioni. Parecchie scuole filosofiche, sia italiane che europee, ritengono che la comunicazione per eccesso sia meglio contrastabile con l’ironia che con la querela.
PUNIZIONE. Viene impartita per trasgressione di regole. Ha connotazioni differenti nelle differenti regioni del mondo e nelle differenti epoche storiche. Anni fa, nelle scuole, quando ancora non esisteva il TAR,  si usava mettere l’alunno disobbediente “dietro la lavagna”, a volte con il copricapo con orecchie d’asino. Oggi, causa il predetto TAR e la modifica dei costumi e soprattutto per l’assenza di spazio dietro le lavagne, questo tipo di punizione non è più usato. Probabilmente, anche il “vai a letto senza cena”, oggi potrebbe risultare di difficile applicazione: ok, resto senza cena, ma prima guardo l’ultima puntata del Grande Fratello, scrivo qualcosa su Facebook, twitto una mezz’oretta e poi vado a letto e chiamo Telefono Azzurro per denunciare che vivo in una galera! (e qui dovrebbe scattare la querela).
Fra le quattro mura di casa, ogni genitore dovrebbe avere la facoltà di adottare il sistema educativo che risulta più congeniale a lui e più adeguato ai suoi figli, entro i limiti del buon senso. Forse, proprio per questo motivo le punizioni adottate da “estranei” potrebbero risultare non corrette. Non perché eccessive o fisicamente dannose (in questi casi non si parla di querela, ma di giusta denuncia), ma perché non comprensibili da chi le riceve e quindi inutili: non raggiungono un fine educativo, ma soltanto di pena.
CENTRO ESTIVO. Luogo dove si svolgono attività ricreative ed educative a favore di bambini/e e ragazzi/e, nel periodo estivo di chiusura delle scuole. Ha molteplici finalità: all’interno di un percorso educativo, organizzare giochi e divertimenti, aiutare nella esecuzione dei compiti estivi, fornire un luogo e dei momenti di aggregazione e, non ultimo, aiutare i genitori, garantendo loro la cura e il controllo dei figli nelle ore in cui, per lavoro, non possono occuparsene direttamente (come certamente preferirebbero).
Ne esistono, sostanzialmente, di tre tipi: organizzati e gestiti da istituzioni religiose; organizzati e gestiti da istituzioni pubbliche; in collaborazione fra i due tipi di istituzioni.
A me sembra che, indipendentemente da chi li organizza e gestisce, un centro estivo dovrebbe avere sempre le caratteristiche e finalità indicate sopra.
Mi sembra anche ovvio che un centro estivo a carattere confessionale, cioè organizzato e gestito da una istituzione religiosa (indipendentemente dalla religione) avrà  un’impostazione educativa di tipo confessionale e si rivolgerà quasi esclusivamente ad appartenenti a quella specifica religione. Mi sembra altrettanto ovvio che chiunque parteciperà (volontariamente e spesso a pagamento) a quel centro estivo, sia in qualità di utente diretto (bambini/ragazzi) o di utente indiretto (genitori), dovrà accettare quella impostazione educativa e le conseguenti regole.
Allo stesso modo, un centro estivo organizzato da un’istituzione pubblica, rivolgendosi genericamente ai propri “cittadini utenti”, non farà alcuna distinzione di tipo religioso, accettando qualsiasi ragazzo/bambino, indipendentemente dall’appartenenza religiosa. L’impostazione educativa e le conseguenti regole non saranno quindi di tipo confessionale, ma esclusivamente “laiche”.
Ma un centro estivo organizzato in collaborazione fra istituzioni pubbliche e religiose? Quale impostazione deve avere? Confessionale o laica? Se è totalmente laica, nega il diritto della istituzione religiosa? Se è totalmente religiosa (e naturalmente di una sola religione), nega il diritto della istituzione pubblica?
Un’istituzione pubblica ha il diritto di sostenere economicamente il centro estivo organizzato e gestito da un’istituzione religiosa. Ma, in questo modo, certamente fornisce un servizio agli utenti (diretti e indiretti) appartenenti a quella religione. Contemporaneamente, però, lo sta negando agli altri?
Ultima domanda.

Il centro estivo è un servizio “pubblico”, cioè rivolto a qualsiasi “utente” senza distinzione di razza, genere, etnia o religione, o un servizio “privato”, cioè rivolto ad un determinato segmento di utenti, definito sulla base di razza, genere, etnia o religione?

2 commenti:

  1. Ciao Angelo!! Quando tu all'inizio parli del commento che hai apprezzato di più "i bambini ci leggono" dici poi che la stessa persona in un'altra pagina di FB sollecitava anche le istituzioni ad entrare nella polemica.
    Volevo farti notare che il commento sui bambini è mio, ma la persona che sollecitava le istituzioni a prendere parola era mio fratello!
    Giusto per dire le cose come stanno, Grazie!!!

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