Sembra che
le estati di Candia stiano prendendo l’abitudine ad essere “calde”: l’anno
scorso ci si è scaldati per l’Asilo; quest’anno ci si scalda per l’Oratorio.
C’è solo da sperare che l’abitudine non diventi un vizio.
Leggere da
lontano tutto ciò che è stato scritto sul Centro Estivo è molto strano: veramente
lontano e soprattutto incomprensibile.
Da un
commento critico su una attività (della quale nessuno nega l’utilità) si è
passati alle critiche sui metodi educativi passati e presenti, alle teorie e pratiche
psico-socio-educative con connessioni alimentari-ortopediche, alla onnipresente
crisi della giustizia, con minacce di querela (anche questa sembra
un’abitudine).
E tutto nasce
da una critica: giusta? sbagliata? un po’ giusta e un po’ sbagliata? esagerata
nei termini utilizzati? Forse non lo sapremo mai. Oramai sarà difficile
affrontare il problema con il necessario distacco: tutti sono stati coinvolti
personalmente, con tanto di nome e cognome. E la critica ad una attività si è
trasformata in batti e ribatti “personali”. Naturalmente in schieramenti
contrapposti: innocentisti-colpevolisti. O interisti-milanisti,
livornesi-pisani, terroni-polentoni, e così via fino a tornare a Dante e ai
guelfi-ghibellini.
A quanto
pare è una caratteristica tutta italiana e non soltanto di Candia.
Forse l’ascolto
della critica, l’attenzione al contenuto più che alla forma, la sua analisi e
discussione, l’individuazione di ciò che poteva essere condivisibile e la
motivazione di comportamenti e regole adottate (magari fatta prima e non dopo),
avrebbe potuto portare a nuove ipotesi progettuali per il futuro e quindi a un
continuo miglioramento.
Nell’ambito
di tutta la discussione, mi permetto di dire la mia su alcuni degli argomenti
comparsi su facebook. Sono opinioni personalissime, senza alcuna pretesa di
essere quelle “giuste”. E’ soltanto un altro punto di vista, da mettere a
confronto con gli altri o da aggiungere agli altri, in modo tale da ampliare le
possibilità di scelta. Con la speranza e l’augurio che fra tante idee e
posizioni ne nasca una nuova, in grado di accogliere le istanze di tutti e di
essere, finalmente, condivisa e accettata.
GENITORI.
Universalmente riconosciuto come il mestiere più difficile al mondo, per il
quale non esiste scuola o diploma universitario, né pratica o stage o
apprendistato. Di norma, si impara sulle spalle dei figli. Viene solitamente
consigliato di fare pratica sui propri figli e non su quelli altrui. Spesso si
basa sul rapporto autorità/fiducia: quanto più i figli riconoscono l’autorità
dei genitori e hanno fiducia in loro (meglio se ricambiata), tanto più efficace
risulterà l’azione educativa. Quanto più l’autorità dei genitori viene minata
da commenti esterni, tanto meno essa risulterà efficace verso i figli. Sarebbe
utile la creazione di un “sindacato genitori”, in grado di fare fronte comune
almeno sugli aspetti principali dell’attività genitoriale e trasferire alla
“controparte” figli un’immagine di compattezza e di comportamento univoco
almeno su quegli aspetti principali: mai contraddire un genitore di fronte ai
suoi figli; mai denigrarlo; mai metterne in dubbio l’autorità; risolvere
eventuali discordanze sui metodi educativi lontano dagli occhi e dalle orecchie
della “controparte”. Secondo il vecchio insegnamento: non fare agli altri
quello che non vorresti fosse fatto a te.
EDUCATORI –
ANIMATORI. Attività di carattere professionale volta a generare un percorso
educativo nel confronto di terzi. Il percorso educativo si realizza anche
attraverso attività ludiche o di impiego del tempo libero, che si concretizzano
in “animazioni”, ovvero suggerimenti per un proficuo utilizzo del suddetto
tempo libero. La qualifica di educatore/animatore si consegue attraverso la
frequentazione di appositi corsi scolastici e professionali o anche attraverso
lo svolgimento pratico dell’attività, sotto la guida di un
educatore/animatore esperto e
qualificato. Gli educatori/animatori, se rivolgono la loro attività verso
soggetti di minore età (figli), suggeriscono il percorso educativo e ne
concordano la realizzazione con chi ha la responsabilità legale e tutoriale dei
suddetti minori (genitori o loro rappresentante). Raggiunto l’accordo sul
percorso educativo e sulle modalità di realizzazione, gli educatori/animatori
non dovrebbero discostarsene. Agli educatori/animatori dovrebbe comunque essere
concessa l’autorità di modificare, in modo non sostanziale, l’attività
concordata, al fine di adattarsi ad eventuali situazioni impreviste.
VOLONTARIO.
Soggetto che si rende disponibile a svolgere determinate attività definite da
altri, assumendo volontariamente (senza esserne in alcun modo obbligato e quasi
sempre senza retribuzione) impegni e
regole stabilite da quegli altri e non sempre lui condivise. Impegni, regole e comportamenti devono essere
preventivamente illustrate, in maniera dettagliata, agli aspiranti volontari
che, volontariamente, decidono di aderirvi. Alcuni credono che il “volontario”,
in quanto tale, possa fare ciò che “vuole”: niente di più errato! Il volontario
si “impegna” a fare ciò che gli dicono di fare. Però, tenuto conto che il
volontario è sovente “merce rara”, compito degli educatori/animatori dovrebbe
essere quello di coinvolgerlo il più possibile, apprezzando la sua attività,
evidenziandogli in modo amichevole eventuali errori e spingendolo ad un
continuo miglioramento, accettando di valutare insieme a lui eventuali
perplessità o suggerimenti che dovesse esprimere. Anche questo rientra nei
compiti degli educatori.
CAMPO DI
CONCENTRAMENTO. Luogo tristemente e tragicamente noto, che non necessita di
spiegazioni. Come tanti altri termini, entrato purtroppo nell’uso comune per
indicare un luogo nel quale obblighi e regole prevalgono su diritti e
spontaneità e nel quale si comminano punizioni più o meno pesanti a fronte di
trasgressione delle regole. E’ un classico caso di comunicazione per eccesso.
Ad esempio, frequente nei figli la definizione di casa come “galera”, in quanto
luogo dove vigono soltanto regole e divieti e si impartiscono punizioni. Parecchie
scuole filosofiche, sia italiane che europee, ritengono che la comunicazione
per eccesso sia meglio contrastabile con l’ironia che con la querela.
PUNIZIONE.
Viene impartita per trasgressione di regole. Ha connotazioni differenti nelle
differenti regioni del mondo e nelle differenti epoche storiche. Anni fa, nelle
scuole, quando ancora non esisteva il TAR,
si usava mettere l’alunno disobbediente “dietro la lavagna”, a volte con
il copricapo con orecchie d’asino. Oggi, causa il predetto TAR e la modifica
dei costumi e soprattutto per l’assenza di spazio dietro le lavagne, questo
tipo di punizione non è più usato. Probabilmente, anche il “vai a letto senza
cena”, oggi potrebbe risultare di difficile applicazione: ok, resto senza cena,
ma prima guardo l’ultima puntata del Grande Fratello, scrivo qualcosa su
Facebook, twitto una mezz’oretta e poi vado a letto e chiamo Telefono Azzurro
per denunciare che vivo in una galera! (e qui dovrebbe scattare la querela).
Fra le
quattro mura di casa, ogni genitore dovrebbe avere la facoltà di adottare il
sistema educativo che risulta più congeniale a lui e più adeguato ai suoi
figli, entro i limiti del buon senso. Forse, proprio per questo motivo le
punizioni adottate da “estranei” potrebbero risultare non corrette. Non perché
eccessive o fisicamente dannose (in questi casi non si parla di querela, ma di
giusta denuncia), ma perché non comprensibili da chi le riceve e quindi
inutili: non raggiungono un fine educativo, ma soltanto di pena.
CENTRO
ESTIVO. Luogo dove si svolgono attività ricreative ed educative a favore di
bambini/e e ragazzi/e, nel periodo estivo di chiusura delle scuole. Ha
molteplici finalità: all’interno di un percorso educativo, organizzare giochi e
divertimenti, aiutare nella esecuzione dei compiti estivi, fornire un luogo e
dei momenti di aggregazione e, non ultimo, aiutare i genitori, garantendo loro
la cura e il controllo dei figli nelle ore in cui, per lavoro, non possono
occuparsene direttamente (come certamente preferirebbero).
Ne
esistono, sostanzialmente, di tre tipi: organizzati e gestiti da istituzioni
religiose; organizzati e gestiti da istituzioni pubbliche; in collaborazione
fra i due tipi di istituzioni.
A me sembra
che, indipendentemente da chi li organizza e gestisce, un centro estivo
dovrebbe avere sempre le caratteristiche e finalità indicate sopra.
Mi sembra
anche ovvio che un centro estivo a carattere confessionale, cioè organizzato e
gestito da una istituzione religiosa (indipendentemente dalla religione)
avrà un’impostazione educativa di tipo
confessionale e si rivolgerà quasi esclusivamente ad appartenenti a quella
specifica religione. Mi sembra altrettanto ovvio che chiunque parteciperà
(volontariamente e spesso a pagamento) a quel centro estivo, sia in qualità di
utente diretto (bambini/ragazzi) o di utente indiretto (genitori), dovrà
accettare quella impostazione educativa e le conseguenti regole.
Allo stesso
modo, un centro estivo organizzato da un’istituzione pubblica, rivolgendosi
genericamente ai propri “cittadini utenti”, non farà alcuna distinzione di tipo
religioso, accettando qualsiasi ragazzo/bambino, indipendentemente
dall’appartenenza religiosa. L’impostazione educativa e le conseguenti regole
non saranno quindi di tipo confessionale, ma esclusivamente “laiche”.
Ma un
centro estivo organizzato in collaborazione fra istituzioni pubbliche e
religiose? Quale impostazione deve avere? Confessionale o laica? Se è
totalmente laica, nega il diritto della istituzione religiosa? Se è totalmente
religiosa (e naturalmente di una sola religione), nega il diritto della istituzione
pubblica?
Un’istituzione
pubblica ha il diritto di sostenere economicamente il centro estivo organizzato
e gestito da un’istituzione religiosa. Ma, in questo modo, certamente fornisce
un servizio agli utenti (diretti e indiretti) appartenenti a quella religione.
Contemporaneamente, però, lo sta negando agli altri?
Ultima
domanda.
Il centro
estivo è un servizio “pubblico”, cioè rivolto a qualsiasi “utente” senza
distinzione di razza, genere, etnia o religione, o un servizio “privato”, cioè
rivolto ad un determinato segmento di utenti, definito sulla base di razza,
genere, etnia o religione?
Ciao Angelo!! Quando tu all'inizio parli del commento che hai apprezzato di più "i bambini ci leggono" dici poi che la stessa persona in un'altra pagina di FB sollecitava anche le istituzioni ad entrare nella polemica.
RispondiEliminaVolevo farti notare che il commento sui bambini è mio, ma la persona che sollecitava le istituzioni a prendere parola era mio fratello!
Giusto per dire le cose come stanno, Grazie!!!
Allora chiedo scusa.
RispondiElimina